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Quando finisce una relazione: 5 consigli pratici

Quando finisce una relazione vi è un tumulto di emozioni dolorose, tristezza, paura, rabbia.

Che solitamente si rifanno a:

senso di abbandono, soprattutto quando è il/la partner a lasciare noi

senso di colpa, quando siamo noi a decidere di separarci

senso di fallimento, che ci fa porre domande quali: “cosa ho sbagliato?”, “Perché è andata male anche stavolta?”,  e affermazioni del tipo: “È colpa mia”, “Ho fallito anche stavolta”.

lutto: portarsi via il mondo
non è solo la fine di un amore, ma anche la fine del futuro che ci immaginavamo con la persona amata.

modifiche al senso d’identità: cambia l’immagine che abbiamo di noi, dell’altro e delle relazioni.

 

In questo casi, è importante mantenere il più possibile integro il proprio senso di dignità: solo così la nostra autostima ne può uscire sana e salva.

In che modo?

1) È normale avere l’impulso di insultare, addurre spiegazioni, esaminare chirurgicamente i fatti, vittimizzarsi, colpevolizzare… ma tutto ciò è figlio dell’ondata emotiva che stiamo vivendo. Prendiamoci del tempo, utilizziamo la scrittura per sfogare la rabbia (un diario da tenere per noi), e al posto di chiamare in continuazione le amiche/gli amici proviamo a stare nel silenzio e ritrovarci (molto utili le meditazione e i rilassamenti guidati).

2) se amiamo ancora la persona che ci ha respinti diciamoglielo ma con dignità, senza supplicare e senza chiedere/recriminare nulla in cambio.

girl-with-a-balloon-by-banksy3) è importante interrompere i contatti, verbalizzandolo all’ex e concordando tempi e  modi se necessario. E’ dannoso “sparire nel nulla” senza comunicare la necessità  di prendersi del tempo e dello spazio “non inquinato” dalla presenza dell’altro/a. Questo ci aiuterà a non cadere nelle recriminazioni e nelle suppliche, e di non adottare comportamenti di cui poi potremmo pentirci e che provocherebbero ulteriori sofferenze. Stiamo nella distanza e nella separazione per elaborare quello che è successo. In questo modo siamo più facilitati a gestire la rabbia.

NB: questo non significa interrompere il rapporto per sempre. Solo dopo che è terminata l’ondata emotiva e l’elaborazione interiore (che può durare mesi o anni!) è possibile riprendere i contatti serenamente.

4) evitiamo di usare alcol e/o sostanze: potrebbe venirci la voglia di prender una bella “sbronza” o di usare sostanze per sedare la nostra sofferenza, ma non funziona mai! Anzi, l’effetto potrebbe essere l’esatto contrario: intensificazione del dolore, che, associata ad un calo delle difese (dovuto all’alcol/sostanza), ci può portare a compiere atti di cui poi ci pentiremo (sms, telefonate all’ex, comportamenti lesivi nei suoi confronti o auto-lesivi). Ricordiamoci che l’unico modo per far passare alcune sofferenze è viverle, senza negarle.
resp_solidale5) è normale pensare in termini di colpa (“è colpa mia”/”è colpa sua”), ma proviamo a sostituire la parola “colpa” con  la parola “responsabilità”, e ricordiamoci che in una coppia le cose si fanno in due. Non è mai “colpa” di uno o dell’altro, cerchiamo di analizzare qual è stata la nostra parte, ricordandoci che abbiamo fatto il meglio che potevamo fare in quel momento.

 

Quando invece è il caso di chiedere un aiuto psicologico:

– quando l’elaborazione del “lutto” della relazione richiede tempi troppo lunghi in proporzione all’entità del fatto

– e/o sta compromettendo eccessivamente la nostra quotidianità

– quando sentiamo che la rabbia verso l’ex ha il sopravvento e ci spinge ad agire contro di lui/lei (stalking, pedinamenti, insulti, minacce, violenza psicologica e fisica, …) o contro noi stessi (agiti autolesivi, pensieri suicidari, comportamenti a rischio…).

Quando finisce una relazione ricordiamoci che non possiamo imporre alla persona amata di restare con noi se non vuole, ma possiamo mantenere intatta la nostra autostima agendo con dignità.

lasciare andare

I 5 ERRORI PIU’ COMUNI NELL’ASCOLTO

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(NB: in questo articolo faremo riferimento alla comunicazione quotidiana, non alla comunicazione e all’ascolto in ambito terapeutico. In quest’ultimo caso parliamo di ascolto attivo o ascolto empatico che prevede delle sfumature diverse riguardo a quanto riportato in questo post).

Una competenza fondamentale della comunicazione efficace è saper ascoltare. Ma cosa significa esattamente? tutti potrebbero dire “io so ascoltare”, ma è veramente così?

L’ascolto prevede una comunicazione alternata, in cui interlocutore ed emittente si scambiano continuamente i ruoli.

Ecco i 5 errori più comuni che si commettono nell’ascolto:

1) Interrompere l’interlocutore: questa è la regola più importante ed è quella che viene infranta più spesso. Quando pensiamo di aver capito cosa vuole dire il nostro interlocutore ancora prima che finisca il concetto ci viene un desiderio irrefrenabile di “replicare” immediatamente. In questo modo la discussione può facilmente stimolare emozioni negative e far sentire l’altro non ascoltato e accolto.

2) Giudicare: “La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione” (Carl Rogers). Giudicare significa applicare i nostri valori personali all’altro, senza verificarne la veridicità e l’obiettività. Quando giudichiamo stiamo già incanalando la discussione alla ricerca di prove che confermino il nostro pensiero. L’ascolto è quindi interrotto.

3) Interpretare: molto simile al giudicare. Avviene quando assegniamo motivazioni arbitrarie ai comportamenti altrui in base al NOSTRO modo di vedere la realtà , e non al suo. Prima di trarre delle conclusioni proviamo a fare domande.

4) Voler dare consigli: il consiglio non richiesto può essere percepito come un giudizio.

5) Parlare solo di te: utilizzare ciò che dice l’altro per parlare solo di sé è la prova più eclatante che non stiamo ascoltando, ma vogliamo semplicemente parlare di noi.

ASCOLTARE per rispondere

Ora prova a metterti nei panni del nostro interlocutore e a “subire” questi 5 errori: come ti sentiresti?

Ricorda che spesso le persone non vogliono soluzioni o consigli ma semplicemente essere ascoltate.

 

5 STRATEGIE PER COMUNICARE IN MODO EFFICACE

dire cose che non vorresti

Con questo post inauguriamo la miniserie sulla comunicazione in cui parleremo di:
– la comunicazione efficace
– l’ascolto
– la comunicazione assertiva

Tutti i giorni, in ogni momento della giornata comunichiamo. Ma come lo facciamo? Quante volte ci capita di essere fraintesi o di generare inaspettati conflitti a seguito di ciò che abbiamo detto?

I fallimenti comunicativi sono dovuti a problematiche in due grandi ambiti: l’ascolto e il messaggio.

L’ascolto riguarda la nostra capacità di ascoltare veramente il nostro interlocutore e ciò che ci sta dicendo (affronteremo questo tema nel prossimo post); il messaggio riguarda la nostra competenza a saper comunicare in modo EFFICACE.

Cosa significa comunicare efficacemente? Significa far arrivare il nostro messaggio così come lo abbiamo pensato, limitando il più possibile interpretazioni sbagliate da parte di chi ci ascolta. L’efficacia si misura in quanti concetti sono arrivati all’interlocutore rispetto a quanto volevamo comunicare.

Es. Se voglio comunicare A, B e C, e  chi mi ascolta comprende A, B e C avrò messo in atto una comunicazione efficace. Se invece comprende A, D, E forse c’è qualcosa che non va.

Una comunicazione efficace ci permette di:

limitare il rischio di equivoci e quindi di conflitti

– comunicare le nostre idee, desideri, obiettivi in modo da ottenere una risposta positiva dall’ambiente

– affermare i nostri bisogni

– raggiungere i nostro obiettivi

– dare forma ai nostri pensieri e alle nostre emozioni

senza prevaricare l’Altro/a.

cosa vorrei dire

Ma quali sono le strategie per comunicare in modo efficace?

Ecco le 5 strategie per comunicare efficacemente:

1) Avere chiaro ciò che vogliamo dire: cosa vuoi comunicare in questo momento? Qual è il tuo obiettivo comunicando questa cosa? A chi lo vuoi comunicare?

2) Esprimersi in modo chiaro: usa parole chiare, semplici, dirette. Aiutati con delle metafore. Prenditi il tempo necessario per parlare.

3) Evitare giudizi o accuse, soprattutto in comunicazioni personali e in situazioni di conflitto: parti da te, da quello che pensi e senti, senza accusare l’Altro o “puntare il dito” (es: “Tu sei cattivo perché…” potrebbe essere trasformato in “quando hai fatto *questo* mi sono sentito/a in *questo modo*”)

4) Rispettare i tempi e la circolarità della comunicazione: lascia il tempo all’interlocutore di replicare e ascoltalo senza interrompere.

5) Esprimere la propria difficoltà: se ti senti particolarmente in difficoltà nella comunicazione, perché ti senti troppo coinvolto/a emotivamente dillo (es. “Faccio molta fatica a dirti questa cosa ma ritengo opportuno farlo perché se non lo facessi farei un torto a me stesso/a”; “Sono emozionato/a, spero di riuscire a parlarti comunque in modo chiaro” …)

Nel prossimo post parleremo dell’ ASCOLTO nella comunicazione.

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